Trasformare i sudditi in cittadini è miracolo che solo la scuola può compiere
PIERO CALAMANDREI
Il 20 novembre 1989 è stata approvata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite la Convenzione ONU sui diritti dell’infanzia e dell’adolescenza. Tra i 10 diritti fondamentali dei bambini rientra anche il diritto all’istruzione.
In occasione di tale ricorrenza il 17 novembre 2024 l’Archivio di Stato di Caserta, ospitato negli spazi della residenza vanvitelliana, organizza un evento dedicato ai diritti dell’infanzia, dall’educazione al gioco, oggetto dell’articolo che segue a cura di Maria Carmela Masi.
Il diritto all’istruzione affonda le sue radici nel Settecento illuminista delle corti europee. Tra i sovrani che avviarono riforme di scolarizzazione per il popolo, vi fu Maria Teresa d’Austria che nel 1774 emanò, su metodo del vescovo Ignaz Felbiger, il Regolamento generale per le scuole normali e da popolo per migliorare le condizioni politiche, sociali ed economiche dei sudditi.
Ancora, nel 1797 il governo asburgico approva il Piano delle scuole primarie per ottenere il più bel diritto dell’uomo «che è quello di esser liberi» attraverso un’educazione pubblica e laica e per realizzare una “Repubblica delle Arti e delle Scienze”.
Nel Regno delle Due Sicilie il sistema di educazione era un processo molto complesso realizzato attraverso un insieme di attività che spaziavano dalla pittura, alla musica, alla biblioteca, al teatro, al gioco, al museo, come dimostra il complesso di stanze al servizio di questa funzione presente alla Reggia di Caserta.
L’attività educativa a corte era solitamente affidata a un precettore, individuato con il nome di aio/aia, alla spagnola. Tale figura per i figli di Carlo di Borbone era il napoletano Domenico Cattaneo della Volta, come appaiono nelle quattro tele di Giuseppe Bonito, esposte alla Reggia di Caserta; mentre per le principesse figlie di Ferdinando di Borbone e Maria Carolina era presumibilmente Cristina Spinelli Barrile, principessa di Cariati e sorella della principessa di Belmonte, ovvero quella Chiara o Clara Spinelli che fu allieva di Angelica Kaufmann e pittrice alla corte dei Borbone.
Libri, più museo, più teatro, più vita all’aria aperta, più lezioni di pittura, i principini avevano un gran da fare durante il giorno. Oltre alla Biblioteca e al Museo, ai bambini era concesso anche il gioco, sia per intrattenimento che per educazione.
Infatti, nel complesso di sale della Reggia di Caserta troviamo anche una Sala da Biliardo per le principesse, posta alle spalle della Regia Biblioteca. Il gioco restava una costante anche nella vita degli adulti, come dimostra il fatto che i siti reali avevano sempre una sala da gioco.
Alla Reggia di Caserta Ferdinando IV di Borbone usava come Sala del Biliardo la terza retrostanza che si affaccia sul cortile dell’Appartamento settecentesco, utilizzata fino al dopoguerra e frequentata da nobili gentiluomini. Qui erano esposte in origine le diciassette stampe dei disegni originali del Real Palazzo di Caserta di Luigi Vanvitelli e dei Siti Reali di Hackert con cornici intagliate e dorate ad oro fino, incorniciate con vetro sul davanti, oggi nel Gabinetto ricco di Ferdinando IV.
La sala è tuttora riconoscibile per un corpo avanzato, costruito evidentemente da Gaetano Genovese per Ferdinando II di Borbone intorno al 1845, per facilitare l’uso della stanza oggi detta dell’Autunno come sala da pranzo, in concomitanza con la costruzione della più nota Sedia Volante. Il cosiddetto Calapranzo (sistema di trasporto delle vivande) viene ricavato in corrispondenza di un passetto nel quale nel 1799 era collocato un cassone per la legna dei camini e uno stipetto per l’acqua.
Tra i giochi si segnala il Gioco della Racchetta, per il quale si utilizzava il Salone della Gran Galleria rimasto allo stato di rustico e collocato alle spalle della Cappella detta di Pio IX, da poco restaurato e aperto al pubblico.
MARIA CARMELA MASI
Storica dell’Arte, Funzionaria Ministero della Cultura