E veramente quando si veggono così pure nel colorito, così ben piantate, così modellate le creazioni di porcellana, si dee dire che anch’esse sono figliuole predilette dell’arte. Esse divengono un’opera di gusto sì gentile e sì bello, che si vorrebbero ingoiare per dolcezza. È un peccato che gli orli di una tazza non abbiano sapore. (Carlo Tito Dalbono – Ritorni sull’arte antica napolitana)
La lavorazione della porcellana, diffusasi in Cina durante la dinastia Tang (618-907), è un’arte antichissima e, secondo la tradizione, la prima testimonianza in Europa di questa manifattura è stata tramandata da Marco Polo nel suo Milione, il quale, descrivendo la città di Tiungu o Tinuguise, menziona alcuni oggetti come «le più belle scodelle di porcellana del mondo».
Augusto il Forte di Sassonia, entrato in possesso della formula per la realizzazione di una porcellana “dura”, fondò nel 1710 a Maissen la prima fabbrica in Europa, suscitando l’ammirazione e l’emulazione da parte del resto dei sovrani del Vecchio Continente. Anche il giovane Carlo di Borbone colse il prestigio e l’importanza di tale produzione, tanto che, sposando Maria Amalia di Sassonia nipote di Augusto il Forte, riuscì a dotare la città di Napoli di una fabbrica di porcellana che potesse concorrere con quella di Maissen. Nel 1743, sulla collina di Capodimonte, sorse la Reale Fabbrica di Porcellana, dando vita a una tradizione che prosegue ancora oggi.
La porcellana meridionale si differenziava da quella prodotta nell’Europa settentrionale: il suo impasto, infatti, non contenendo il caolino, risultava perciò più “tenero”, di colore latteo e particolarmente adeguato per la lavorazione delle miniature, data la consistenza agevole del materiale. La produzione della Real Fabbrica di Capodimonte, infatti, è legata ad oggetti come tazze, piattini, vasi, coppe e caffettiere, marchiati col “Giglio Borbonico” di colore azzurro, oltre al salottino di Maria Amalia di Sassonia ispirata al gusto delle Chinoiserie.
Di grande testimonianza sono i cosiddetti Scarti, ovvero duemila frammenti circa deformati o anneriti, e pertanto esclusi dalla produzione storica, ritrovati negli anni cinquanta del Novecento nell’edificio della manifattura borbonica, oggi sede dell’istituto di formazione Giovanni Caselli. Quando nel 1759 Carlo di Borbone dovette trasferirsi a Madrid per succedere al trono di Spagna, portò con sé opere e impianti, macchine e modelli per la realizzazione delle porcellane, a testimonianza del suo amore per questa manifattura reale.
Le celebri opere della Real Fabbrica di Capodimonte sono oggi conservate e si possono ammirare non solo al Museo Nazionale di Capodimonte, ma anche presso il Museo Duca di Martina nella Villa Floridiana e il Museo Diego Aragona Pignatelli Cortes.