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La Scuola Musicale Napoletana

Adesso la questione è solo: dove posso avere più speranza di emergere? Forse in Italia, dove solo a Napoli ci sono sicuramente 300 maestri […] o a Parigi, dove circa due o tre persone scrivono per il teatro e gli altri compositori si possono contare sulle punte delle dita?

(Leopold Mozart)

Dal XVI secolo in poi Napoli è un punto di riferimento in Europa per lo sviluppo delle arti e meta di artisti famosi in ogni campo, dalla pittura alla scultura all’architettura, ma soprattutto nella musica. 

Nel Cinquecento la città partenopea vide l’apertura di ben quattro Conservatori (Santa Maria di Loreto, 1537; Pietà dei Turchini, 1573; Poveri di Gesù Cristo, 1589; Sant’Onofrio, 1598), che ebbero un ruolo determinante per lo sviluppo della vita musicale della città. Tali istituzioni nacquero come strumento ante litteram di welfare per dare un tetto ed un pasto a ragazzi in maggioranza orfani, in un’epoca di grande povertà per il popolo napoletano. 

Successivamente nei Conservatori venne introdotto lo studio della musica e del canto per offrire un mestiere ai giovani indigenti. Grazie alla presenza di valenti insegnanti, come Francesco Durante, si ottennero dei risultati formativi inaspettati e di grande qualità. Nacquero infatti alcuni tra i più rilevanti compositori del XVII secolo, quali Giovanni Battista Pergolesi, Niccolò Jommelli, Tommaso Traetta, Niccolò Piccinni e Giovanni Paisiello. Il sostegno economico ai Conservatori era garantito con la carità di benefattori privati e attraverso alcune attività commerciali presenti nei pressi degli stessi, e con parte delle paghe guadagnate dai ragazzi ottenute per suonare e cantare in varie occasioni.

Il metodo didattico messo a punto nei Conservatori napoletani, riconosciuto nel resto d’Italia e d’Europa, ci consente a pieno titolo di parlare di “Scuola Musicale Napoletana”, il cui iniziatore fu Gesualdo da Venosa (detto ‘il principe dei musici’) con le sue innovazioni dei Madrigali, e successivamente comprese autori come Francesco Provenzale, Alessandro Scarlatti, Francesco Durante, Niccolò Porpora, Domenico Scarlatti, Giovan Battista Pergolesi e Domenico Cimarosa.

Dalla metà del Seicento le opere della Scuola Musicale Napoletana trovarono al Teatro San Bartolomeo un “palcoscenico” di rappresentazione fino al periodo borbonico, quando nel 1737 fu inaugurato il Teatro di San Carlo che ospitò le opere dei più grandi compositori del XVIII e XIX secolo. Tra la fine del Settecento e gli inizi dell’Ottocento, i quattro Conservatori napoletani a seguito della loro soppressione confluirono nel 1807 in un unico Real Collegio di musica che dal 1826 trovò sede presso l’ex convento dei Padri celestini di San Pietro a Majella, oggi Conservatorio statale.

Tra le più importanti sperimentazioni avviate dalla Scuola Napoletana vi fu la “commedeja pè museca”, opera comica o sentimentale, in dialetto napoletano o in alcuni casi toscano, di regola in tre atti, che trovò al Teatro dei fiorentini un luogo di stabile rappresentazione. La commedia per musica per tutto il Settecento sviluppò un’evoluzione separata e diversificata per luoghi teatrali e cast vocali dal dramma per musica, poi definito opera seria in contrapposizione con l’opera comica, poi opera buffa, che raggiungerà l’apice alla metà del XVIII secolo.

La scena musicale napoletana, che qualificò la città come uno dei massimi centri operistici europei, non poteva non interessare anche il giovane Mozart che vi soggiornò con il padre Leopold per sei settimane nel 1770, nella speranza di essere audito a corte dai sovrani Ferdinando IV e Maria Carolina. Nell’attesa dell’incontro il compositore entrò in contatto con gli autori napoletani e con le loro opere, rimanendone profondamente impressionato ed apprendendo, secondo il musicologo tedesco Herman Abert, “l’uso drammatico-psicologico degli strumenti”. A Napoli il giovane austriaco ascoltò tanti musicisti, tra cui Jommelli, studiò Pergolesi e apprezzò più di tutti Giovanni Paisiello, rimanendo a tal punto colpito dal suo “Barbiere di Siviglia” che volle metterlo in musica componendo “Le nozze di Figaro”. Alla città partenopea inoltre Mozart dedicò un omaggio esplicito nell’opera “Così fan tutte”, ambientata all’ombra del Vesuvio.

Ha davvero ragione il Maestro Riccardo Muti quando dice che la Scuola Musicale Napoletana “fu una vera sorgente musicale per tutto il mondo!”, che ha permesso a Napoli di mantenere un livello qualitativo particolarmente elevato per circa quattro secoli.

Massimiliano CERRITO

Direttore Festival Barocco Napoletano

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