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Le reali cacce borboniche: Licola e il Litorale Domitio

A Licola, sotto la canicola / Si giocava a rugby, tutti i giovedì / E al limite, di un caldo più dell’Africa / Io contavo i palpiti, del tuo cuore / A Licola, sotto la canicola / Senza false remore, ti parlai di me / Sogni, son fallaci i sogni / Ti muovevi languida, a ritmo di beguine

Eugenio Bennato (A Licola)

Nel sistema delle reali cacce borboniche, sviluppato intorno alla città di Napoli capitale del regno, grande interesse e importanza ebbe la vasta pianura denominata “Licola”, estesa da Cuma alla foce del fiume Volturno per circa 15 km, nel tratto costiero del Litorale Domizio che si spinge fino a Mondragone e alla foce del fiume Garigliano.

La località deve il suo nome a un lago scomparso ad opera delle bonifiche realizzate tra il periodo borbonico e il primo Novecento. La denominazione dello specchio d’acqua è da attribuire alla numerosa presenza delle folaghe, uccelli acquatici che prediligono ambienti con acque ferme e salmastre tipiche della zona a nord dei Campi flegrei, e alla contrazione del nome scientifico dei volatili Fulica atra che diviene prima “Follicola” e poi “Licola”.

La presenza dunque di tale specie volatile, insieme a quella di numerosi cinghiali, daini, lepri, volpi, tassi, istrici e martore, attirò la presenza dei sovrani borbonici per le loro battute di caccia lungo il Litorale Domitio che scelsero di organizzare l’area come una vera e propria riserva reale.

Prediletta dal primo sovrano Carlo di Borbone, come testimonia il dipinto conservato presso il Museo Nazionale di Capodimonte di Claude Joseph Vernet del 1746, che ritrae il re con la corte impegnato in una battuta di caccia, la riserva di Licola incontrò anche l’interesse del figlio Ferdinando IV che fece costruire nei pressi del lago scomparso una Casina Reale utilizzata per brevi permanenze durante le battute di caccia.

Con i successivi sovrani la riserva di Licola fu ulteriormente organizzata con interventi di Francesco I, che nel 1826 recintò l’area con muro, fossati, argini e palizzate, e Ferdinando II, che nel 1845 decise di ampliarla ai limitrofi laghi, boschi e pantani demaniali, ripristinando anche il “miglio di rispetto” che estendeva appunto per un raggio di un miglio di distanza dalla riserva il divieto assoluto di caccia.

Nel Novecento, durante il ventennio fascista, la riserva fu affidata nel 1919 all’Opera Nazionale Combattenti che proseguì le opere di bonifica idraulica e riconversione agraria dei terreni, costruendo anche una grande azienda agricola. Subito dopo la Seconda Guerra Mondiale Licola divenne luogo di grande attrazione turistica, registrando tuttavia successivi fenomeni di degrado ambientale e abusivismo edilizio.

Solo recentemente, grazie a una maggiore consapevolezza delle comunità locali del valore ambientale e culturale dell’area e all’approvazione di un grande progetto di recupero e di riqualificazione del Litorale Domizio, è stata avviata un’opera di rilancio e valorizzazione del comprensorio della località di Licola.

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