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Le reali cacce in epoca borbonica

La caccia è uno di quei piaceri sensuali che agitano molto il corpo e che non dicono nulla allo spirito; è un desiderio ardente di inseguire qualche animale, e una soddisfazione crudele di ucciderlo; è un divertimento che rende il corpo robusto e in forma, e che lascia lo spirito incolto, senza per nulla arricchirlo. (Federico II di Prussia, 1739)

Oggi in occasione della Giornata Mondiale delle Zone Umide, istituita nel 1971 dalla Convenzione di Ramsar, vogliamo ricordare il sistema delle riserve reali di caccia del Regno delle Due Sicilie che includeva diverse aree, inserite nell’Elenco delle zone umide del Ministero dell’Ambiente e della Sicurezza Energetica, come paludi e lagune, acquitrini e stagni, laghi, fiumi, foci e litorali costieri.

Durante l’assolutismo monarchico la caccia, simbolo del potere regale e della magnificenza della corte, venne a poco a poco ampiamente praticata da tutte le monarchie europee, rappresentando uno dei riti più celebrati delle corti di tutto il continente. Con la pratica di tale attività sovrani e principi europei ridisegnarono ampi spazi del territorio, costruendo palazzi e residenze collegate da un apposito sistema di strade, in contesti boschivi e di zone umide.

In Francia, ad esempio, il re Luigi XIV fece trasformare il Grande Parco della Reggia di Versailles in un’immensa area per praticare l’antica arte venatoria. In Inghilterra, invece, era diffusa la caccia alla volpe – nata in origine per preservare pollai e greggi dalle razzie dell’animale – di cui si curavano soprattutto borghesi e, in seguito, nobili. In Spagna il sovrano borbonico Filippo V organizzò ampi territori delle residenze reali, come il Palazzo di Madrid e La Granja di San Ildefonso, per dilettarsi in battute di caccia.

Anche nel Regno delle Due Sicilie di Carlo di Borbone e del figlio Ferdinando, la caccia assunse lo stesso valore delle altri corti europee. Ebbe innanzitutto un valore militare, poiché i siti reali di caccia erano situati in posizioni strategiche al fianco di strutture militari di difesa. Una valenza economica, in quanto le attività venatorie e la cura dei luoghi favorirono l’impiego di sudditi in attività lavorative, capaci di offrire sostentamento agli stessi. Infine, politico, permettendo al re di consolidare i propri rapporti con la nobiltà attraverso un cerimoniale fatto di comportamenti, gesti e gerarchie.

Le tante riserve di caccia dei Borbone rappresentano un patrimonio ambientale che include aree umide, boschi e specchi di acqua, oggi fruibile a cittadini, famiglie e turisti, come la Casina vanvitelliana di Bacoli e il litorale domizio-flegreo, le zone boschive di Procida, Astroni, Portici, Capodimonte, Caserta, San Leucio, Carditello, Piana di Monteverna, Venafro e Ficuzza.

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