Il sito
La costante attività vulcanica, con eruzioni devastanti come quella del 79 d.C. che distrusse le città di Pompei ed Ercolano, ha favorito nel corso dei secoli un costante monitoraggio e studio del fenomeno.
Durante il periodo borbonico Teodoro Monticelli, segretario perpetuo dell’Accademia delle Scienze di Napoli, avanzò richiesta della fondazione di un centro di ricerca ed osservazione dei fenomeni naturali, accolta nel 1839 da Ferdinando II di Borbone. Il sovrano affidò la direzione del nuovo ente al fisico Macedonio Melloni, studioso della propagazione del calore e del campo magnetico terrestre.
La costruzione dell’Osservatorio iniziò nel 1841 e nel 1845 viene inaugurato a costruzione non ultimata con un progetto di gusto neoclassico dell’architetto Gaetano Fazzini. Il 16 marzo 1848 l’Osservatorio entra in funzione, contemporaneamente Melloni viene sollevato dall’incarico a causa delle sue idee liberali; al suo posto viene nominato Direttore Luigi Palmieri, che realizzò il primo sismografo elettromagnetico e nel 1862 istituì una rete di stazioni per monitorare l’attività vulcanica.
Dopo la morte di Palmieri (1896) la direzione del centro vulcanologico viene affidata nel 1903 al geologo Raffaele Matteucci e, nel 1911, al sismologo Giuseppe Mercalli, in carica fino al 1914. Durante la Seconda Guerra Mondiale l’osservatorio fu requisito dagli Alleati e dal 1983 la sede operativa fu spostata nella città di Napoli, mentre quella storica ospita un Museo vulcanologico.
L’istituto scientifico ha avuto un ruolo cruciale nelle emergenze sismiche e vulcaniche in Italia, tra cui l’ultima eruzione del Vesuvio avvenuta nel 1944, durante il quale il Direttore dell’Osservatorio Vesuviano, Giuseppe Imbò, studiò il fenomeno dalla sede storica; il terremoto Irpino-Lucano del 1980; i fenomeni di bradisismo dei Campi Flegrei degli anni ’70 e ’80, che portarono all’evacuazione di Pozzuoli nel 1983.
L’osservatorio è oggi aperto e visitabile dal lunedì alla domenica a gruppi e scolaresche.